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martedì 25 marzo 2014

La poesia di primavera - di Marco Musso

Scorre fra le dita
il filo della vita,
sottile come le possibilità,
tenace come la tua caparbietà.
Scorre libero
fra steccati di sfiorato confine,
il vitigno del cuore
fra spazi lasciati vuoti dalla stessa vita,
come prova,
come scusa,
come luogo da impregnare
con le temperature delle tue emozioni,
con il colore delle evoluzioni del tuo essere,
del tuo incidere il selciato per lasciare un passo,
con l'ironia mesta della poesia,
che sfiora in nobiltà ogni animo
lasciando conquistarsi solo dal più fragile,
dal più sensibile,
da quell'individuo che si distingue in capacità
per essersi nascosto tra le sfumature delle sue ombre
e la luce accecante del mondo circostante.
Vola così di sorpresa,
come il passo che cedendo sulla terra ferma,
incontra nel timore la paura del vuoto,
il terrore del silenzio ove prender quota,
ove colmare di personalità ogni nota,
ove divenire da essere immobile
fenice di fantasia,
piuma che leggera per il suo essere energia
fende l'aria tersa di emotività e candore,
onorando la stessa fertile esistenza a capo chino,
come danza che si tinge d'arte per divenire espolosione d'emozione,
come parole abusate che si impregnano di convulse vibrazioni.
La poesia è così,
come primavera del cuore pronta a sbocciare
quando il calore d'amore gonfia le vene,
come vele possedute da un vento ribelle che spinge
l'arenato corpo verso la leggerezza delle proprie pulsazioni,
quel battere violento dell'amore senza tempo,
di istanti che percuotono i confini imposti dal corpo, dal tempo,
per far tremare la carne come violino di vita,
come corde sospinte all'evoluzione di questa ode
chiamata nell'apice del suo manifestarsi amore.
Rimani così immobile,
come radice che ti ha creato,
come proiezioni di estesi rami
che di foglie si cospargono in colore,
estendendosi in audacia verso il cielo ed il sole,
come pennelli impugnati da una ribelle natura
che tinge come fosse un uguale passaggio
la vita e la morte
in una festa di vitali pigmenti di valore.
Cosi la commozione prende il sopravvento,
ogni istante diviene eternità di questo calore,
di un continuo tramutarsi di stati e di evoluzioni,
di stagioni che evaporando conducono la vita,
i giorni e le occasioni,
tutte queste sensazioni che ci guidano in un cieco cammino,
afferrandoci dal cuore per strappare dalla fetale posizione
tutte le sensazioni che hanno sempre fatto maturare come frutti
civiltà e persone,
menti e pensieri,
frasi e sonetti,
accompagnando ogni essere vivente dall'amore al niente.
Soli come mano che in strumento sferza il vento,
il nostro sguardo perde il senso,
ogni direzione,
affossato nelle nostalgie diviene solitudine e comprensione,
un insieme di soffocate, silenti parole che si raccolgono in evaporazione,
divenendo quella goccia che percorrendo il delineo,
tra rughe e fossi d'espressione,
intaglia un viso ormai consunto
trasformando una lacrima di passione
in un volo di fertile, penetrata irrigazione.
Si chiude qui al crepuscolo ogni pensiero,
ogni certezza ed ogni credo,
la realtà che in sospensione
come aria diviene ossigenazione,
percorso che in timore vibra come arco per scagliare la sua freccia,
come cuore pronto ad implodere
tra vellutati ricordi e contorti timori.
Afferrati dall'animo ribelle
i pensieri prendono corpo,
vestendosi di fluttuanti emotività,
traspirate esistenze,
corrugate velleità.
Tra armoniche e palpitanti verità
il nostro cuore flette il suo galoppo
al riflettersi di un sogno.
Tra proiettate realtà
si schiude il nostro essere
per farsi condurre in deformate aurore
come luce emozionata in tinte di colore.
D'arcobaleno si veste l'emozione,
la parola che da sola diviene verbo, evoluzione,
come gesto,
un sospiro,
quell'ansimare di anime e corpi incerti del destino,
smarriti nel cammino,
desiderosi di compiere ogni sofferto giorno come pegno,
per ritrovarsi avvolti in un paradisiaco emisfero
nel consolante svolgersi di un cielo tappezzato
di speranze e costellazioni,
come i sogni e tutte le nuove occasioni.
Noi siamo fragili rami,
aggrappati al tronco della vita,
all'inseguimento della morte come consolazione,
dell'amore come pulsazione,
della speranza come mutazione,
della gioia come nostalgica ammirazione.
Noi,
esseri incapaci di permanere inermi alla vita ed agli stimoli,
barcolliamo in equilibrio,
tra malinconia ed ilarità,
come il senso profondo del nostro essere
cuori ribelli
tra sconfitte e sogni.

Marco Musso - Milano 25 marzo 2014 01.57 a.m.